Intelligenza Artificiale, etica e regole: intervista al Presidente di Fondazione Leonardo Luciano Violante

09 dicembre 2019

Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine al centro, con una conferenza internazionale di due giorni, della discussione sulle implicazioni etiche e giuridiche del crescente uso delle tecnologie di Intelligenza Artificiale. Il 21 e 22 novembre scorsi alla Camera dei Deputati, stakeholder, mondo della ricerca, istituzioni, aziende si sono date appuntamento con l’obiettivo, attraverso il confronto, di stimolare un dibattito sul codice etico dell’I.A. in Italia, sottolineando la necessità ed i benefici di un quadro giuridico più formalizzato. 

Il concetto di base è un nuovo umanesimo tecnologico, in grado di preservare la centralità dell'uomo nell'era delle macchine e di generare principi e linee guida capaci, a loro volta, di concepire regole che l'autorità pubblica deve saper costruire di concerto con i soggetti produttori e gli utenti dell’economia digitale.

Ne abbiamo parlato, approfondendo i temi e gli ambiti che hanno strutturato la conferenza (sicurezza, finanza, medicina e giustizia), con il Presidente di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, Luciano Violante. Giurista innanzitutto, dunque molto attento al delicato tema delle regole. Capace di sgombrare da subito il campo per un’analisi a tutto tondo della trasformazione della società da analogica a digitale, vantaggi e rischi inclusi:

“Faccio il giurista da più di 50 anni e, dico la verità, non credo nell’effetto taumaturgico delle regole. Quello che conta è la pedagogia, non le regole. Nessuno ruba non perché c’è una norma che dice di non rubare ma perché è abituato a non rubare. Le regole non possono prendere il posto della formazione e dell’educazione. Una volta che c’è formazione ed educazione allora puoi fare la regola, altrimenti la regola è un puro esercizio calligrafico. Da questo punto di vista la questione dell’educazione nell’uso di questi strumenti è fondamentale”. 

Lo spazio della conferenza allora diventa vera occasione di divulgazione, di pedagogia e formazione. E Violante ci tiene, prima di affrontare temi delicati e sensibili, dalla democrazia digitale al ruolo di governance e imprese, a ricordare come insieme al Miur verranno riportati
alcuni contenuti essenziali emersi da questo lavoro in tutte le regioni italiane. Con premiazioni dedicate a tutti i livelli scolastici, dalla materna al liceo. Parola d’ordine, riflettere, dalle idee e sulle idee. Ed abituarsi a farlo sempre. Perché sul tavolo dello sviluppo digitale delle nostre società si nascondono conflitti importanti, tra conservazione e innovazione così come nel dualismo tecnocentrismo-antropocentrismo:

“Nel nostro mondo - spiega Violante - convivono due società molto diverse tra loro, la società analogica alla quale apparteniamo noi e quella digitale alla quale appartiene la generazione sotto i 30 anni. Società che hanno dati differenziali profondi. Nella società digitale si azzera il tempo e lo spazio. La società analogica invece vive nel tempo e nello spazio. Per ragioni anagrafiche la società analogica è destinata ad estinguersi. Quella digitale sarà invece la società del futuro. Abbiamo allora il problema di occuparci di quali saranno le regole in questa società, problema tutt’altro che secondario. C’è certamente il confronto tra conservazione e innovazione. Ma bisogna conservare i valori ed innovare le tecniche”. 


E il dualismo tra tecnocentrismo e antropocentrismo? 

"Il problema è l’uomo. Cioè come l’uomo è protagonista, e dunque è quello che può staccare la spina in qualsiasi momento. È complicato, perché mentre nel passato i mediatori ti convincevano di opinioni sindacali, politiche, insomma non ti dicevano che dentifricio dovevi comprare, oggi invece ci sono nuovi mediatori, non c’è più disintermediazione. Ma si tratta di mediatori che sono occulti, non li conosciamo e non possiamo discutere con loro. Quindi il problema dell’antropocentrismo è anche quello della libertà. E questo ambito deve essere uno spazio di libertà non di nuova colonizzazione. Purtroppo siamo di fronte ad una colonizzazione volontaria, nel senso che siamo bendisposti a dare i nostri dati, con la differenza che se i dati ce li chiede lo Stato noi diciamo di no mentre se ce li chiede un potere privato glieli diamo. Bisogna stare attenti perché nella società digitale si può creare uno stato digitale".


E questo cosa comporta?

"Parliamo di uno Stato opaco ai cittadini che invece sono trasparenti laddove la democrazia, per come siamo abituati, vede i cittadini opachi ed il pubblico trasparente. Perché allora è importante discutere adesso di queste cose? Perché siamo in tempo per stabilire regole condivise. Grandi player, soggetti internazionali, soggetti statali, imprese leader hitech, player della rete e comunità degli studiosi. Bene, se queste regole sono condivise possiamo andare avanti con una certa tranquillità. Se non sono condivise, arriviamo ad un braccio di ferro in cui le esigenze o del controllo o della commercializzazione prevarranno su tutto". 


Approfondiamo allora meglio 

"L’IA ci pone nudi di fronte a soggetti sconosciuti che però sanno tutto di noi. Di qui la necessità di costruire tempestivamente principi e regole, ed avvertire delle cose positive ma anche dei rischi che ci sono. Oggi l’ordine internazionale è dominato dai dazi, dalle sanzioni e dalle interferenze. Su dazi e sanzioni non possiamo farci niente ma sulle interferenze ad esempio, se tu prepari le persone a leggere e comprendere quello che ti arriva addosso allora si può essere molto meno influenti di adesso". 


Il mondo ultimamente sembra essere in preda a una frenesia tecnologica in grado di condizionare pesantemente i cittadini, quelli che una volta venivano semplicemente definiti massa...

"In diversi paesi siamo in presenza di movimenti coordinati senza un rappresentante, non hanno un capo ed esistono benissimo, grazie solo alla tecnologia. Vogliamo citare anche il fenomeno delle sardine? Dico solo che un tempo per mettere insieme 15 mila persone dovevi fare riunioni su riunioni. La vita è comunicazione, quando cambia lo strumento della comunicazione cambia la vita".


Imprese e governance, un tema di primaria importanza nella cosiddetta cybersfera...

"Per quanto riguarda le imprese, il punto a mio avviso è che se l’impresa si considera scissa da tutto il resto diventa pericolosa, se invece innesta sé stessa in una comunità diventa fondamentale. Ci deve dunque preoccupare l’impresa che vuol fare tutto da sola. Quella che ci deve confortare è quella che costruisce rapporti, legami. Perché da qui nascono anche i doveri. L’impresa si colloca in un contesto ed è proprio in quel contesto che si sviluppano i suoi doveri, nei confronti degli azionisti, dei cittadini, del potere pubblico, della comunità in cui opera. Se l’impresa si colloca in questo contesto coopererà alla regola, al principio ed alla formazione. Se non lo fa bisogna stare attenti. Ma bisogna dare tempo al tempo, fare in modo che le regole crescano, non imporle". 


Presidente, in conclusione, Lei ricorda sempre l’importanza di condividere la grande opportunità che viene da questa fase di Umanesimo tecnologico. Come concretamente possiamo declinare questa potenzialità, guardando anche al sistema Paese? 

"Credo che bisogna guardare a quanto sta accadendo nella società. Nelle scuole si inizia a parlare di questi temi. E credo che una società come Leonardo, che ha deciso di investire risorse tecnologiche rilevanti in una Fondazione, si è concretamente posta il problema del raccordo con la società. Di ogni tipo, grande, piccola. C’è allora una tendenza, raccordarsi con tutti gli strumenti, anche esterni all’azienda. Su questo, a gennaio, ci vedremo con i presidenti delle Fondazioni di Enel ed Eni con una idea: cosa possono fare insieme le fondazioni di grandi soggetti? L’obiettivo è far nascere una sinergia, sono nazionalista in questo. Se tre grandi soggetti europei cominciano a discutere attraverso le loro fondazioni su cosa possiamo fare credo che potranno arrivare risposte importanti. Ribadisco, non c’è un codice da scrivere ma una procedura da istituire affinché nascano le regole. Punterei, ma siamo all’alba, a far nascere la consapevolezza su questioni, temi e problemi che sono sul tappeto. Poi si può fare il passo successivo. Credo che questo sia il dato fondamentale. Lo Stato eviti di mettere camicie di forza, se le regole non sono condivise non si applicano. Il problema è segnare i binari, però dentro i binari bisogna fare in modo che si crei questa consapevolezza. E i binari vanno segnati attraverso la riflessione, non con un emendamento, perché da questa riflessione nasce la libertà della prossima generazione".