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Dal primo aereo alla piattaforma super intelligente del futuro

È dai primi del Novecento che la storia dell’Aeronautica Militare si è intrecciata con quella di Leonardo e dell’industria aeronautica italiana, nel corso di oltre cento anni di eventi. Un percorso contraddistinto da innovazioni tecnologiche che hanno segnato la storia del Paese.  

 

 

1917

i primi S.V.A. entrano nel Servizio Aeronautico

1933

anno della trasvolata atlantica Orbetello - Chicago - New York con gli SS.55X

709,2 km/h

record di velocità dell’M.C. 72, ancora oggi imbattuto

134

gli storici addestratori a getto MB.326 in forza all’AM

MB.339PAN

aereo delle Frecce Tricolori dal 1982

2004

l'Eurofighter Typhoon entra in servizio con l'AM

IFTS

scuola di volo internazionale, frutto della collaborazione tra Leonardo e AM

FACO

a Cameri l’unica linea di Final Assembly and Check-Out dell'F-35 in Europa

I primi voli e gli anni precursori dell’avvio dell’industria aeronautica

È il 28 marzo 1923 quando l’Aeronautica diviene la terza forza armata indipendente italiana con l’art. 1 del Decreto Regio 645. Tuttavia, già quarant’anni prima, nel 1884, il Ministero della Guerra aveva autorizzato la costituzione del Servizio Aeronautico, con il compito di gestire i primi aerostati da osservazione. Dopo poco meno di vent’anni, il 17 dicembre del 1903, la storia del volo del "più pesante dell'aria" e dell’innovazione in ambito aeronautico inizierà ufficialmente il suo percorso: l’aereo Flyer costruito dai fratelli Wright, una fragile macchina a motore, realizzata in legno e tela, volò per 12 secondi, per 36 metri, a una velocità di 50 km/h. Un tempo così breve per segnare l’avvio di un viaggio così lungo e sfidante, che ha portato l’uomo al superamento della velocità del suono nel 1947.

Non a caso il Novecento è stato eletto il “secolo del volo” e l’Italia - con le sue piccole e medie imprese, molte delle quali oggi confluite in Leonardo - è  stata tra le protagoniste di questa storia. Dal triplano progettato dall’Ing. Aristide Faccioli che volò a Torino nel 1909, alla prima scuola di volo militare a Centocelle, che divenne poi il primo aeroporto italiano: sono episodi “iconici” che daranno origine a traguardi, sperimentazioni, entusiasmi e vittorie – che contribuirono a formare l’immaginario culturale del Paese - con un susseguirsi di impatti notevoli in ambito civile, militare, industriale e tecnologico.

Fu proprio durante gli anni della Prima Guerra Mondiale che le aziende aeronautiche italiane avviarono un rapido processo di industrializzazione grazie al quale furono prodotti in quattro 12.400 velivoli, tra aerei "terrestri" e idrovolanti: dalle 17 ditte in attività nel 1915, si passò alle 355 nel 1918. In questi anni ebbero origine le prime imprese nazionali, tra cui la Caproni (1911), l’Aeronautica Macchi (1913), la SIAI Marchetti (1915), l'Ansaldo (1916), celebre per il suo S.V.A, biplano da ricognizione sul quale Gabriele D’Annunzio volò su Vienna nell’agosto del 1918, e la Aeroplani Romeo (1924).

L’armistizio, con la successiva firma del trattato di pace del 18 gennaio del 1919, portò a una rapida contrazione della giovane industria aeronautica nazionale, con la conseguente stagnazione tecnologica – mancando un mercato civile di settore – e la chiusura di molte aziende. A spingere il progresso e sostenere l’entusiasmo furono grandi voli e primati. Velocità, quota, distanza, voli verso luoghi lontani: ogni giorno aerei e idrovolanti sembravano rendere il mondo più piccolo. Così fu, nel 1920, con il primo volo che unì Roma a Tokyo, quello degli Ansaldo S.V.A. 9 di Arturo Ferrarin e Guido Masiero. Sorpresa ed entusiasmo misero in secondo piano il ruolo decisivo dell’eroismo individuale nel superare le limitazioni di macchine solo lentamente avviate al passaggio dal legno al metallo.

La creazione del “Commissariato” (poi Ministero) per l’Aeronautica, competente sull’aviazione militare e civile, e la costituzione dell'Aeronautica come Arma indipendente nel 1923, diedero l’impulso decisivo all’industria italiana. Italo Balbo (1896-1940), divenuto Ministro nel 1929, avviò una trasformazione dell'Arma che culminò con la prima transvolata in formazione dell'Atlantico settentrionale (da Orbetello sino a Chicago e New York con ritorno all’idroscalo di Ostia), compiuta nel 1933 da 24 idrovolanti Savoia Marchetti S.55X, da lui organizzata e comandata. Guidato per sette anni da Italo Balbo, il Ministero definì chiaramente l’identità dell’Arma Azzurra, trasformandola in senso professionale e operativo. Per l’industria questo significò stabilità e crescita ordinata. Ogni azienda fu specializzata nella progettazione di velivoli per uno specifico ruolo, affiancandogliene almeno due altre per la produzione in serie. All’Aeronautica d’Italia, nata con l’assorbimento dell’Aeronautica Ansaldo da parte della Fiat, toccarono caccia e bombardieri diurni. La Romeo fu scelta per la ricognizione con il suo IMAM Ro.1. Alla Macchi toccarono gli idrovolanti da caccia. Nel 1934, l'idrocorsa Macchi-Castoldi MC.72, pilotato da Francesco Agello, conquistò il record mondiale di velocità assoluta raggiungendo i 709,209 km/h, primato a tutt'oggi imbattuto per idrovolanti con motore a pistoni.

La guerra di Spagna (1936-1939) e la Seconda Guerra Mondiale, combattuta per oltre tre anni su molteplici fronti, dall'Africa alla Russia, dall'Europa al Mediterraneo, furono il vero banco di prova per l’aviazione nazionale. Allo scoppio della guerra, di 3.300 velivoli presenti nella Forza Armata, solo 1.800 erano operativi. Nel giugno 1940 l’Italia tornò in guerra equipaggiata con obsoleti biplani dalle complicatissime strutture a traliccio, ma senza la capacità industriale di sostituirli rapidamente con i più razionali monoplani a guscio. Furono messi in campo velivoli di ogni specialità, dai caccia biplani FIAT C.R.32 e 42 ai bombardieri e siluranti Savoia Marchetti S.M.7981, dai ricognitori IMAM Ro. 37bis ai caccia monoplani metallici  FIAT G.50 “Freccia” e Macchi 200 “Saetta”, fino ai più moderni e potenti M.C.202 “Folgore” e M.C.205 “Veltro”. Quest’ultimo, insieme al FIAT G.55, uno dei migliori velivoli da caccia della Seconda Guerra Mondiale, resterà in servizio con l’AM anche nel dopoguerra.

 Nel 1943 il comparto aeronautico contava oltre 150.000 addetti in attività, per una produzione complessiva all'inizio della guerra di 11.500 nuovi velivoli. Tuttavia, il continuo impegno bellico impedì all’Italia di perseguire politiche di lungo periodo. Nel dopoguerra si aprì, dunque, un nuovo periodo di crisi economica e industriale, dettato da una fase di profonda riconversione e ricostruzione.

La nascita di Finmeccanica e lo sviluppo dei velivoli dal secondo dopoguerra

Il 18 giugno del 1946 la Regia Aeronautica lasciò il posto all’Aeronautica Militare. È in questo passaggio, assai delicato per tutta l’industria italiana, che nacque nel 1948 Finmeccanica per sostenere il comparto meccanico e cantieristico del Paese, e rilanciare quelle aziende legate alla tradizione industriale e manifatturiera. La responsabilità fu enorme per la dirigenza dell’epoca perché l’industria meccanica era l’asse portante del Paese, ma le aziende ereditate - protagoniste delle precedenti vicende storiche - erano proprio quelle cui mancava l’esperienza di produzione nel mercato civile.

L’ingresso dell’Italia nella NATO, il 4 aprile 1949, nel mutato scenario geo-politico, fu la chiave per accedere ai programmi di assistenza economica internazionali e, allo stesso tempo, incentivò la partecipazione nei vari consorzi e nei programmi di collaborazione che portarono allo sviluppo di velivoli di ultima generazione, sia ad ala fissa che rotante.

Tale processo di rinnovamento portò alla progettazione e alla realizzazione del FIAT G-91 (1956), velivolo di riferimento della NATO e impiegato anche dalle Frecce Tricolori dal 1963 al 1982, e a un notevole sviluppo degli addestratori: in questi anni fu progettato l’MB.308, un velivolo da addestramento civile che l’Aeronautica acquisì sia come trainer, che come aereo da collegamento; il Macchi MB.326 (1957) progettato dall’ing. Bazzocchi, nato per rispondere alle esigenze dell’Aeronautica Militare, che ne acquisterà 134. Consegnato a partire dal 1961 ai reparti operativi, con oltre 760 esemplari prodotti venduti in tutto il mondo, divenne il primo grande successo internazionale nel settore dei velivoli da addestramento che permise all’Italia di dominare il mercato per oltre un ventennio. Da tale modello derivò poi l'MB-339 (1976), che dalla fine degli anni Settanta entrò in dotazione presso il 61° Stormo dell’Aeronautica Militare di Galatina (Lecce) e fu venduto in nove nazioni. Oggi, nella sua versione MB-339 PAN (1982) è il velivolo utilizzato dalla Pattuglia Aeronautica Nazionale - Frecce Tricolori. Fra gli aerei delle scuole di volo dell’Arma Azzurra, anche il monomotore SIAI Marchetti SF-260AM entrato in linea nel 1976, addestratore “storico” sul quale hanno imparato a volare intere generazioni di piloti militari e che ancora oggi, nella più moderna versione SF-260EA (T-260B), è in servizio per garantire il conseguimento del brevetto di pilota e navigatore.

Se gli anni ’60 si aprirono con i caccia supersonici F-104, in servizio fino al 2004, gli anni ’70 videro come protagonista il bimotore a turboelica G-222: velivolo da trasporto militare realizzato da Aeritalia, nata nel 1969 dalla fusione delle attività velivolistiche di IRI (Aerfer) e FIAT. Subito dopo, fu la volta del Tornado (1974), primo velivolo da caccia multiruolo, bimotore, progettato per volare a bassa quota, anche a velocità supersonica, e concepito da Panavia, il primo grande consorzio aeronautico europeo tra Germania, Italia e Regno Unito. Entrò in servizio con l’AM nel 1982.

Tra gli anni  ’80 e i ’90, venne realizzato il jet da appoggio tattico AMX, sviluppato dall’allora Aeritalia e da Aermacchi e prodotto in Italia (70,3%) e in Brasile, in collaborazione con Embraer (29,7%). Battezzato “Ghibli” fu ordinato in 110 esemplari monoposto, più 26 biposto, questi ultimi denominati AMX-T, consegnati a partire dal 1988. 

Assemblaggio del primo prototipo dell'AM-X, stabilimento Aeritalia di Caselle Torinese, 1983 

Per l’industria aeronautica, in generale, diventerà sempre più strategica la partecipazione a consorzi e programmi di collaborazione internazionali per lo sviluppo dei velivoli di ultima generazione. 
Un esempio emblematico è quello dell’Eurofighter, sviluppato in collaborazione con Inghilterra, Germania e Spagna, a cui Leonardo partecipa con una quota del 36% del valore dell'intero programma e un ruolo chiave nella componente aeronautica ed elettronica. 

Eurofighter delle quattro forze aeree partner del consorzio, 2008

Protezione dei cieli h24, 365 giorni all’anno

100.000 posti di lavoro altamente qualificati in tutta Europa

Oltre 24.000 posti di lavoro altamente qualificati in Italia

Oltre 400 fornitori in Europa

680 velivoli ordinati da 9 paesi

L’Eurofighter Typhoon rappresenta uno dei più prestigiosi modelli di best practice nell’ambito della collaborazione con l’Aeronautica Militare Italiana: entrato ufficialmente in servizio nel 2003, è un avanzato caccia multiruolo, strategico per la protezione dello spazio aereo, con oltre 680 unità ordinate da nove forze aeree.

Il Typhoon è un vero e proprio incubatore di tecnologie, dai materiali avanzati alle comunicazioni, dall’avionica alle soluzioni digitali, facilitando in tal modo la transizione verso la sesta generazione di velivoli da combattimento. ll velivolo è dotato di sistemi avionici attivi e passivi, che gli consentono di avere una capacità di attacco superiore, unita a un elevato livello di autoprotezione, e ne assicurano l’operatività net-centrica. Tra questi, il sistema di ricerca e tracciamento all’infrarosso PIRATE (Passive InfraRed Airborne Track Equipment), che consente di rilevare e tracciare simultaneamente bersagli singoli o multipli in un ampio e complesso campo di osservazione, e il sottosistema di difesa Praetorian per la protezione da minacce aria-aria e superficie-aria. Per la piattaforma Leonardo sta, inoltre, sviluppando un radar AESA (Active Electronically scanned Array), tra i più avanzati sensori mai realizzati per un velivolo da combattimento. Poter contare su queste tecnologie è centrale, tanto oggi quanto nel futuro.

La cooperazione tra la Forza Armata e l'industria nazionale ha reso l’Italia - con Leonardo - tra i più importanti partner internazionali del programma F-35: presso la base dell’Aeronautica Militare di Cameri (Novara) – l’unica a livello europeo – si realizza la linea di assemblaggio e di collaudo finale (FACO – Final Assembly and Check Out) degli aerei e si conducono attività di manutenzione e revisione dei velivoli destinati a operare nell’area europea e mediterranea.

Una delle massime espressioni della sinergia tra industria e Forza Armata si concretizza nell’International Flight Training School (IFTS) di Decimomannu (CA), un’eccellenza internazionale, punto di riferimento per l’addestramento avanzato dei piloti militari delle aeronautiche di tutto il mondo che volano su caccia di 4a e 5a generazione (es. Eurofighter o F-35). La scuola, frutto della collaborazione tra Leonardo e l’Aeronautica Militare, è stata già scelta da numerosi Paesi stranieri e vede la frequentazione di piloti delle Forze Aeree di Qatar, Giappone, Germania e Singapore.  L’accademia fa leva sull’expertise e la tradizione dell’AM nell’addestramento al volo, e sulle capacità tecnologiche di Leonardo rappresentate dal sistema integrato di addestramento basato sull’M-346.

22

22

M-346

2

2

Full mission simulators

3

3

Flight training devices

>70

>70

corsi LIFT (Lead-in to fighter training) all’anno

8.000

8.000

Ore di volo all’anno

40

40

Istruttori

Guardando al futuro, uno dei progetti più ambiziosi che rivoluzionerà il concetto di difesa aerea è quello legato al Global Combat Air Programme (GCAP), il programma di collaborazione internazionale tra Italia, UK e Giappone, finalizzato alla realizzazione di un sistema dei sistemi, basato su tecnologie e piattaforme di combattimento aereo di nuova generazione per operazioni multi-dominio. Nel GCAP l’elettronica sarà centrale. La raccolta e l’elaborazione di grandi quantità di dati attraverso strumenti di analisi dei big data, HPC computing, tecnologie quantistiche e intelligenza artificiale, consentirà agli operatori di analizzare lo scenario operativo, valutare le opzioni e definire le azioni da eseguire da parte delle varie piattaforme. Interoperabilità, connettività e superiorità delle informazioni saranno potenziate per generare una profonda integrazione tra la piattaforma principale e i vari sistemi in tutti i domini, compreso l’ambito cyber e quello spaziale.